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La mosca di Sinisgalli e la Poesia

Cosa hanno a che fare le mosche con la poesia? Rispondo con le parole di Leonardo Sinisgalli, contenute nel breve scritto teorico Intorno alla figura del poeta, del 1948: “la mosca è Poesia: irascibile, pungente e sempre un po’ noiosa. La mosca conosce il buono e il cattivo tempo, ronza intorno allo sterco e alla rosa, odora il volto di Laura viva e morta, è compagna di Silvia che cuce e del cane che dorme”.

Leonardo Sinisgalli
Leonardo Sinisgalli

La poesia insomma non lascerebbe in pace nessuno, se solo le concedessimo la maniera di svolazzare, di posarsi su questo e su quello, di non rinunciare a girare intorno all’oggetto elegante, al movimento nobile e signorile, così come al luogo quotidiano, all’avvenimento volgare e abituale. Non si può far passare l’idea che ci sia cosa che possa risultare indegna: la poesia scopre strade impensate e inattesi significati saltando dal sublime all’ordinario.
Il poeta allora concede spesso a se stesso di vivere col naso per aria, intento ad inseguire il volo irregolare delle mosche, a cercare di scoprire un senso nell’irregolarità zigzagante del loro percorso. E se la mosca diventa più ronzante e fastidiosa, se si precipita dal libro all’orlo avvinazzato del bicchiere, allora lui scrive sotto dettatura.
Ma nelle nostre case di città le mosche sono sempre più rare. Ed anche in campagna proteggiamo stanze e cucine con veli e zanzariere. Sarà per questo che la poesia è sempre più lontana dalle nostre vite o, quando timidamente si rivela, appare pedante e soporifera.

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