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La vita dei bicchieri e delle stelle

 

di Renzo Paris

 

La vita dei bicchieri e delle stelle di Giuseppe Grattacaso, edito da Campanotto nel maggio di quest’anno, inizia con un poemetto sull’origine del mondo. “Non è stato uno schianto o l’esplosione, / nemmeno un’eruzione, solo fiato, / un avviso di vento, è cominciato / da lì tutto lo spazio e tutto il tempo,/ da un respiro…”. La poesia si appalesa dunque da subito come fiato e respiro e gli endecasillabi si fanno luttuosi e voluttuosi, crepuscolari e ironici. “Tutto freddo, ghiacciato, senza storia, / come ti muovi diventi stoccafisso, / tutto lo spazio intorno e tu una cavia / in frigider sull’orlo dell’abisso”. Ad alimentare i turbamenti del poeta sono i temporali pomeridiani, i nuvolosi addensamenti, “rovesci misteriosi e irregolari”.
Dalle stelle si passa ai bicchieri e in entrambi i casi si respira un’aria da poemetto illuminista, ma senza pedagogia. Così i bicchieri sono “in pose inconsuete” , la lampadina “sfrigola scontenta” e l’anima si incupisce se ci abbandonano gli oggetti  “di nessun conto”. Così i cucchiai si addormentano beati, ripensando alle bocche femminili che hanno frequentato, i rubinetti “serpenti senza vita gorgogliano imperfetti e balbuzienti”. Ecco le palme del lungomare di Salerno, patria del poeta, che ricordava giovani e svettanti, “in mezzi tronchi / senza più ciuffo”.
Dagli oggetti quotidiani il viaggio prosegue, soffermandosi sul rapporto tra corpo e anima, alla quale non importa un fico secco se “il muscolo è cadente”, lei che anela all’immortalità. Finché non si giunge alle pene d’amore, lasciate ai più forti. “Però non sembra un fatto naturale / che tu mi guardi e io mi sento male”, esclama il poeta muovendosi a lumaca nella sua casa.
Non si finirebbe mai di citare da un libretto impostato su una voce riconoscibilissima, devozionale, che ricorda l’esordio di Grattacaso, che si intitolava Devozioni, appunto. “Luce serale languida e gentile / pulita del trascorso temporale, / in questa perfezione giovanile / la vita è inconcludente ed immortale”: sono gli ultimi versi di un bel libro che ho letto d’un fiato, anzi che ho ascoltato. Tenetelo d’occhio Giuseppe Grattacaso, si tratta di un vero poeta, non di quelli che si mascherano con il poetichese, ermetizzando; ha una voce calda e profonda che non dimenticherete.

 

 LaRecherche.it, 8 novembre 2013

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