Confesso: ho cercato sull’atlante, come si faceva una volta. Voglio la concretezza del foglio di carta, dei colori, il verde per le pianure, il marrone per le montagne, gli stessi di quando frequentavo le elementari. Voglio essere sicuro che sia proprio lì, dove ricordo. In Italia, a un passo dal Mediterraneo, ma nemmeno troppo lontana dal cuore moderno dell’Europa. Pontremoli in effetti è dove è sempre stata, in Lunigiana, tra Toscana e Emilia, uscita dell’autostrada A15, che da La Spezia porta a Parma.
In una classe di Pontremoli sono stati bocciati cinque ragazzi. Non sarebbe una gran notizia, se non fosse che si tratta di una prima elementare. Due italiani (uno disabile), tre figli di stranieri. Così sottolineano i giornali (che, in verità, parlano, forse più precisamente, di “tre stranieri”). Una scuola che costringe l’informazione a prodursi in una classificazione di questo genere ha già fallito. I cinque bambini sono stati bocciati due volte: lo scrutinio finale infatti è stato ripetuto su richiesta del Ministero.
E’ stato presentato un ricorso al Tar, insomma ci sarà una battaglia legale, e qualcuno alla fine si pronuncerà sulla correttezza formale delle bocciature. Ma il problema mi pare sia un altro. E riguarda, più in generale, la scuola e l’idea di formazione degli studenti (e di educazione, parola oggi in disuso) che ne è alla base.

Il dirigente scolastico tiene anche a sottolineare (la fonte è ancora Quotidiano.net) che le insegnanti, “riconfermando la decisione già assunta per il bene degli alunni, hanno dimostrato grande serietà e deontologia professionale”.
Non avevo dubbi. Il richiamo alla serietà lo aspettavo. Nella scuola degli ultimi anni “serietà” è parola ricorrente. Ma quando è che un insegnante e la scuola con lui dimostrano “grande serietà”? Quando si boccia, sembrerebbe. Serietà è spesso sinonimo si selezione e di distinzione, di rigidità e durezza. Ma è più seria la scuola che guarda davanti a sé e continua imperterrita il suo percorso verso il raggiungimento degli obiettivi (spesso sempre gli stessi, anno dopo anno), anche se buona parte dei suoi studenti non riesce a raccogliere la sollecitazioni, o quella che prova a far crescere tutti i ragazzi che le sono affidati, che si guarda intorno e ammette, quando è il caso, anche i propri sbagli?
Va da sé: la decisione della non ammissione alla classe seconda elementare è stata assunta “per il bene degli alunni” e dunque tutto questo discorso si vanifica. Infatti, come dice la legge, “nella scuola primaria i docenti, con decisione assunta all’unanimità, possono non ammettere l’alunno alla classe successiva solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione” (art. 3 legge 169/2008). E qui, diciamolo, qualcosa di eccezionale sicuramente c’è. Ma non riguarda i cinque bambini di Pontremoli.