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Poetica dell’insonnia: una lettura della poesia di Valerio Magrelli

Nel volume Passione Poesia (CFR edizioni, € 20), curato da Sebastiano Aglieco, Luigi Cannillo e Nino Iacovella, che raccoglie considerazioni su alcuni tra i testi poetici più significativi degli ultimi decenni, è contenuto un mio commento della poesia di Valerio Magrelli Per una bambina di sei anni che non riesce a dormire, inclusa nella raccolta Disturbi del sistema binario (Einaudi, 2006). Ripropongo il mio breve saggio anticipato dalla poesia in questione.

 

Per una bambina di sei anni che non riesce a dormire

Ti penso come una Laika in orbita nel cielo disabitato,
satellite ma cucciolo del buio, solo corpo celeste
a palpitare nell’universo devastato
dal sonno.

Hai occhi rimasti aperti la notte,
accesi da pensieri che non sono te
e ti tengono desta
vorticando.

Soletta nell’ellittica,
pelouche astrale,
chiedi
come si fa a sparire.

Ma tu rimani, e superi la notte vegliando su di me
perplessa, ignara, arresa a una forza più grande
che sei tu, al faro che da dentro ti illumina, me cieco,
per guidarmi nel sonno.

La poesia di Valerio Magrelli, almeno quella delle raccolte degli ultimi anni, costruisce spesso un sistema nel quale interagiscono due mondi, quasi sempre lontani per ordine e stato. Le prospettive del ragionamento che ne deriva, apparentemente privo di impulso emotivo o dove tale inclinazione è significativamente dissimulata, si alimentano proprio dal cortocircuito dei due ambiti. Il prodotto di questa informazione è per forza di cose inaspettato e disorientante, o almeno il poeta tratteggia un paesaggio di segni che tende a meravigliare il lettore e a lasciarlo alle prese con un pensiero discordante da riordinare. E’ il meccanismo che è alla radice della figura retorica della metafora, dove entrano in relazione due elementi sulla base di un rapporto di somiglianza che può interessare anche solo un segmento marginale. Nel caso dell’opera di Magrelli, la metafora non è utilizzata all’interno di un periodo, al fine di aumentarne il potere evocativo, ma si dilata coprendo l’intera struttura della lirica. In questo senso la sua poesia (ma anche la sua opera in prosa da Condominio di carne a Geologia di un padre) sembra mettere insieme l’esperienza di matrice combinatoria di tanta letteratura europea della seconda metà del Novecento con la lirica barocca italiana, nella quale spesso il sentimento poetico e il gioco linguistico si fondono, dando luogo ad un meccanismo di ricorrenti e stupefacenti connessioni metaforiche.

Questo modo di procedere è ben evidente nei libri a partire da Didascalie per la lettura di un giornale del 1999 e trova una sua cosciente affermazione, fin dal titolo, in Disturbi del sistema binario, in cui la realtà esterna, composta spesso anche dagli avvenimenti devastanti della cronaca, e il mondo familiare degli affetti, il luogo dove una armonia risulta ancora possibile, entrano in connessione, producendo esiti imprevedibili, disturbi insomma nel tracciato apparentemente inflessibile del sistema esatto della significazione.

Nel caso della poesia Per una bambina di sei anni che non riesce a dormire, contenuta nella Seconda Parte del libro sopra citato, fin dal primo verso alla figura della piccola figlia del poeta, che ha difficoltà a prendere sonno, viene affiancato il personaggio di Laika, la celebre cagnolina che nel novembre del 1957, a bordo della navicella spaziale Sputnik 2, rimase in orbita intorno alla Terra, primo vivente ad affrontare l’impresa, per poi morire qualche ora o pochi giorni dopo il decollo, a seconda delle versioni . Come Laika è stata il solo essere animato in orbita “nel cielo disabitato”, così la bambina, con evidente ribaltamento, è l’unico corpo celeste “a palpitare nell’universo devastato / dal sonno”. Il buio del cielo e quello della notte, gli occhi che rimangono aperti su un mondo che ha perduto i riferimenti abituali, la speranza di trovare una soluzione che consenta di “sparire” (è evidente come il verbo prenda significati diversi a seconda se sia riferito alla bambina, che vorrebbe annullarsi nel sonno, o al cane, destinato invece proprio a svanire, a non fare più ritorno sulla Terra) sono i tratti che uniscono i due personaggi della lirica e che intanto creano la collisione semantica e la svolta perturbante.

I piani della significazione procedono per ulteriori sovrapposizioni e così nella terza strofa (“Soletta nell’ellittica, / pelouche astrale, / chiedi / come si fa a sparire”) i due soggetti, la bambina e la cagnolina, si sovrappongono al punto che il “pelouche astrale” e il riferimento all’orbita ellittica spingerebbero in direzione dell’animale, mentre il “chiedi”, così fortemente isolato al terzo verso, è esercizio invece attribuibile alla piccola insonne.

Uno spostamento ulteriore si produce nella quarta e ultima strofa, quando l’impossibilità nel prendere sonno, che vive la bambina, realizza un’inversione di ruoli rispetto alla situazione iniziale e alla condizione abituale: sarà infatti la piccola a vegliare sul padre, in forza di una luce interna, che è quella che non le consente il sonno e che le permetterà di guidare il riposo dell’adulto disteso al suo fianco.

Non sfugga il contrapporsi dei termini “faro” e “cieco”, per cui chi veramente vede è appunto la bambina di sei anni, in forza di una energia, di una armonia con il reale, dei suoi occhi aperti con tenacia e fiducia sul mondo, che non appartengono più alla visione contaminata dell’adulto. Si ripete in qualche modo, in favore dell’innocenza infantile, la celebre immagine montaliana relativa alla miopia della moglie (“le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, / erano le tue”), salvo che in questo caso il ribaltamento è totale: è la figlia a proteggere il padre, la piccola a consentire una rigenerazione e dunque la possibilità di recuperare un sereno rapporto con l’esistenza. Non è un caso allora che la Seconda Parte del libro abbia titolo La volontà buona e la sezione in cui è contenuta la lirica si chiami Uscita di sicurezza.

Del resto il ricorso a temi inerenti la visione è presente in tutta l’opera di Magrelli, a partire dal titolo della prima raccolta poetica Ora serrata retinae. Nello scrittore romano la poetica dello sguardo appare sempre associata ad una distorsione della trasmissione visiva, ad un’accentuata miopia che sfuma i contorni degli oggetti e pone il soggetto di fronte ad una interrogazione sulla loro reale consistenza fisica. In questo modo vedere significa poter dare nuova significazione alla realtà, sovrapporre le immagini, mettere in contatto mondi apparentemente lontani. Del resto scriveva Magrelli in una poesia di quel primo libro. “La scrittura / non è specchio, piuttosto / il vetro zigrinato delle docce, / dove il corpo si sgretola / e solo la sua ombra traspare / incerta ma reale. / E non si riconosce chi si lava / ma soltanto il suo gesto. / Perciò che importa / vedere dietro la filigrana, / se io sono il falsario / e solo la filigrana è il mio lavoro”.

Il vetro zigrinato lascia insomma intravedere altre esistenze, permette che il mancato sonno di una bambina sfumi nel sogno di una cagnolina dispersa nello spazio.

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