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Leggere poesia: Billy Collins e il topo

I lettori di poesia nel nostro paese, si sa, sono pochissimi. E’ possibile fare qualcosa perché il loro numero cresca? Bisogna lavorare sui giovani, diranno in tanti: è la scuola che deve formare i nuovi lettori. Non sono sicuro che l’insegnamento della letteratura, e della poesia in particolare, così come è stato concepito negli ultimi anni, possa realizzare questo obiettivo. Anzi, sono portato a credere che i pochi lettori di poesia siano tra coloro che non si sono lasciati fuorviare dalle lezioni scolastiche sulla poesia.
Billy Collins
Eppure a scuola viene dedicato parecchio tempo allo studio del linguaggio poetico, oggetto di indagine accurata per esempio nel primo biennio della scuola superiore. I libri di testo propongono la propedeutica acquisizione dei più importanti strumenti retorici, distinguendo tra figure del significante, del significato, dell’ordine delle parole, quasi che senza di queste non fosse possibile accedere alla lettura. Bisogna inoltre essere in grado di scomporre i versi in sillabe, sapere di sinalefe, dialefe, sineresi, individuare lo schema metrico, la successione degli accenti ritmici. Su ogni cosa vengono proposti esercizi, noiosi e in gran parte inutili. Gli insegnanti, raramente lettori di poesia che non sia quella delle antologie e dei manuali scolastici, quasi mai di poesia contemporanea, non possono che concedersi alle indicazioni del testo.
Gli alunni ricavano l’idea che la poesia per sua natura sia decifrabile (e innanzitutto che vada decifrata) solo se in possesso di determinati strumenti di decodifica, che sono di natura tecnica e del tutto indipendenti dalla sensibilità del lettore e dalla sua familiarità con la poesia stessa. Invece, come ogni lettore di poesia sa, c’è bisogno di una quotidiana consuetudine con i versi per comprenderne la musica e la complessità.
Per questo a scuola andrebbero innanzitutto lette tante poesie. Ai ragazzi bisognerebbe farlo ogni volta ad alta voce, permettendo loro di apprezzarne, in questo modo, anche le qualità metriche e sonore. Solo dopo tanta lettura e tanti versi detti a se stessi e agli altri, si può cominciare a giocare con le figure retoriche, molte delle quali saranno già chiare prima di saperne il nome e i meccanismi di funzionamento. Conoscere tali strumenti retorici non significa comprendere la poesia, tanto meno saperla scrivere, ma avere la possibilità di penetrare più in profondità nei suoi strati di significazione, una volta appurato che essi esistono e sono carattere essenziale dei versi.
Il lavoro scolastico produce il risultato che i ragazzi si avvicinano ai versi con l’idea, del tutto impropria, che ci sia un significato definitivo nascosto da qualche parte, che la poesia voglia dire altro da quello che leggiamo.
Alla poesia non ci si può avvicinare armati di sonde e scandagli. Il tesoro, se c’è, non è collocato in un luogo preciso, piuttosto è disseminato e si confonde con oggetti abituali e quotidiani. Meglio dunque procedere con la curiosità e il piacere di chi vuole farsi guidare in nuovi mondi, sapendo che la scoperta consiste proprio nel variare continuamente prospettiva e meta. Perché i versi ci dicano qualcosa bisogna “gettare un topo nella poesia / e osservarlo mentre cerca di uscire”.
La bella e preziosa immagine, più forte e chiara di tutte le mie precedenti parole, è di Billy Collins, poeta newyorchese tra i più amati negli Stati Uniti, autore di numerose raccolte di versi, professore di letteratura inglese al Lehman College della City University di New York.
Introduzione alla poesia
Chiedo loro di prendere una poesia
e di tenerla in alto controluce
come una diapositiva a colori
o di premere un orecchio sul suo alveare.
Dico loro di gettare un topo nella poesia
e osservarlo mentre tenta di uscire,
o di entrare nella stanza della poesia
e cercare a tentoni l’interruttore sul muro.
Voglio che facciano sci d’acqua
sulla superficie di una poesia e salutino
con la mano il nome dell’autore sulla spiaggia.
Ma la sola cosa che loro vogliono fare
è legarla con una corda alla sedia
e estorcerle con la tortura una confessione.
La picchiano con un tubo di gomma
per scoprire che cosa davvero vuol dire.
La lirica Introduzione alla poesia è tratta dal libro The Apple That Astonished Paris del 1988, in Italia inserita nella antologia A vela, in solitaria, intorno alla stanza, edita da Medusa nel 2006 a cura di Franco Nasi che è anche il traduttore dei versi. I versi raccontano del lavoro del professore poeta e delle aspettative degli studenti di fronte alla poesia.
Di Billy Collins nel 2011 l’editore Fazi ha pubblicato Balistica.

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