Fernando Lena è nato a Comiso nel 1969. Alla sua poesia è dedicato uno dei Quaderni dell’Ussero, curati da Valeria Serofilli. Il Quaderno è quasi interamente occupato dai versi di La quiete dei respiri fondati, un poemetto che si compone di trenta liriche più una di introduzione, che nasce dalla permanenza di Lena all’interno del manicomio criminale di Aversa, un cui padiglione era stato allora concesso a una comunità di recupero per tossicodipendenti. Siamo nel 1991-92 e quella straziante esperienza si ripresenta anni dopo ancora nella forma di “uno sguardo poetico e crudele”, come si esprime lo stesso autore, “un motivo in più per credere alla libertà”.
I versi di Lena hanno una forza immediata e sono carichi del dolore e della passione che attraversarono quel momento della sua vita. “Davanti a me queste mura altissime / inquietano allegramente poiché la vera prigione / è il caos che mi setaccia dentro”. La poesia si muove alla ricerca di quel caos, che non si vuole sciogliere ma solo rievocare e mettere a nudo, e che si rappresenta nelle esistenze emarginate di tossicodipendenti e internati. Lo sguardo che si posa sui protagonisti, è determinato, a tratti spietato, ma sempre capace di cogliere l’umanità di quelle vite, così degradate eppure inaspettatamente intense. I versi ritagliano in pochi tratti resoconti limpidi e inesorabili, utilizzando il corsivo quando il racconto si rivolge agli ospiti del manicomio, il carattere tondo per le vicende dei giovani tossicodipendenti: “nei tuoi modi cementati / ho visto più volte / la gentilezza / di un baratro”; “La voce di Ciro / ha il carisma dei flaconi di Tavor / che rivende dopo averli / sottratti all’infermeria /(…) Dieci anni aveva / quando è stato abbandonato qui / per la sua diversità di ‘frocio’ / (…) se solo si potesse / prenotare un angolo di paradiso / lui lo meriterebbe”.
Le parole di Fernando Lena sono insieme fredde e partecipi, le storie che racconta costruiscono un mondo a parte terribile, nel quale però è ancora possibile l’amore e la speranza, perché “tutti siamo vittime / e germoglio”.