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Joyce a Genova

Massimo Bacigalupo, Bloomsdays. In cammino con Joyce & Company, Calamospecchia

C’è qualcosa che unisce Dublino e Genova? Non molto, diremmo tutti, se si esclude che si tratta di due città portuali, con il seguito che la presenza di navi e commerci sempre comporta. Innanzitutto strade “dove son merci ed uomini il detrito / di un gran porto di mare”, come scriveva Umberto Saba, ma a proposito di Trieste. Sono città di luce e di movimento, di scambi internazionali e di traffici equivoci, un tempo di postriboli e taverne, entrambe caratterizzate da “una scontrosa grazia” (ancora il triestino e sempre a proposito della sua città, che comunque in questa vicenda entra a far parte a pieno titolo). Sta di fatto che ormai da un po’ di anni Dublino e Genova sono legate anche dall’Ulisse di James Joyce. Nel romanzo dello scrittore irlandese non c’è nulla che rimandi direttamente alla città della Lanterna, ma dal 2006 Genova è luogo di riferimento per i non pochi appassionati lettori del capolavoro joyciano. È dal 2006 infatti che la città ligure, una volta l’anno, finge di essere anche un po’ Dublino, e si presenta come il grande palcoscenico del Bloomsday, l’appuntamento durante il quale si mette in scena, in vari luoghi della città, la lettura dell’Ulisse.

Il giorno prescelto per la manifestazione non poteva essere che il 16 giugno. Il romanzo pubblicato nel 1922, in occasione del quarantesimo compleanno dell’autore, racconta infatti, come i lettori sanno, eventi che avvengono a Dublino appunto il 16 giugno del 1904 (data peraltro molto cara a Joyce, che in quel giorno ebbe per la prima volta un appuntamento con la sua futura compagna Nora). Nel corso di un’intera giornata, a partire dalle nove del mattino, Genova diventa la città più joyciana d’Italia. Decine di volontari, tra i quali anche alcuni attori, negli angoli che maggiormente ricordano i luoghi simbolo rappresentati nei diciotto capitoli dell’Ulisse, con grande passione partecipano alla lettura, che ora dopo ora, fino alla mezzanotte, arriva a coprire quasi l’intero romanzo.

A ricostruire la storia della manifestazione è Massimo Bacigalupo, tra i più attivi animatori dell’evento, nel volume Bloomsdays. In cammino con Joyce & Company, edito da Calamospecchia. L’evento si presenta come una scorpacciata di parole scrive Bacigalupo che fa girare la testa ma veramente dà la possibilità di immergersi in un mondo e in una città e di vedere tutta quest’opera prodigiosa dipanarsi in tempo reale sotto i propri occhi”.

Il libro però non si limita a raccontarci i fasti dell’evento genovese, né ad essere solo, come viene detto nelle pagine introduttive, una sorta di manuale ad uso di chi volesse cimentarsi nell’organizzazione di manifestazioni simili, è piuttosto un gustoso e prezioso percorso all’interno del romanzo di Joyce e una ricostruzione della vita letteraria di quegli anni. Bacigalupo, anglista tra i maggiori nel nostro paese, professore emerito di letteratura angloamericana all’università di Genova, traduttore di Pound, Dickinson, Yeats, Melville, Wallace Stevens, James Laughlin, Louise Gluck, si muove e ci conduce tra le pagine dell’Ulisse con l’attenzione premurosa di chi vuole eliminare l’idea che si tratti di un romanzo troppo difficile per i nostri tempi distratti, in qualche modo troppo complicato, tanto da poter essere apprezzato solo dagli addetti ai lavori: “L’Ulisse un libro difficile? Certo Joyce si è divertito ad infilarci tutto un mondo. Ma chi ha la pazienza di leggere quei meravigliosi tormentoni che sono i grandi classici, da Guerra e pace a Moby Dick, non avrà difficoltà con Ulisse e soprattutto riderà molto, perché in Joyce c’è sempre una vena buffonesca”.

Emerge nelle parole di Bacigalupo la passione del lettore, e del critico, che sa provare ancora meraviglia di fronte alla grandezza dell’opera e ai doni che la grande letteratura sempre ci offre. Così, con felicissima sintesi, suggerisce che “il mondo è fatto di dettagli, Dublino è tutte le città, così come Leopold Bloom-Ulisse è tutti gli uomini patetici e grandiosi”. D’altra parte l’Ulisse è “un romanzo-spettacolo”, che genera riflessioni (anche intorno alle nostre private vicende di donne e di uomini del nuovo millennio), emozioni e anche divertimento. Nel romanzo, scrive Bacigalupo, “c’è molta commozione e indignazione, ma c’è anche irrisione e comicità”.

Insomma la giornata genovese, ma ancora di più le riflessioni contenute in questo volume di piacevolissima lettura, permettono di scoprire “il capolavoro più commovente e divertente del ‘900”, incentrato sui movimenti dell’antieroe Bloom e di Stephen Dedalus, una sorta di alter ego di Joyce, “giovane artista squattrinato, ossessionato dal fantasma della madre”. Ulisse, nei panni di Bloom, peregrina per le strade di Dublino “dove tutti lo maltrattano” e dove rivela “notevoli doti di ingegno e tolleranza, e una felliniana passione per le donne formose dell’epoca edoardiana”. Nel personaggio di Leopold Bloom si intravedono molti aspetti del carattere e della personalità di Italo Svevo, che Joyce conobbe, ammirò e spronò nella scrittura. I due si frequentarono a Trieste, dove Joyce visse per alcuni anni e dove insegnò inglese in una scuola privata.

Ma oltre che da Joyce e da Bloom-Ulisse, il volume è animato anche dall’ampia schiera di contemporanei, predecessori e seguaci di Joyce, che compongono appunto la Company a cui si fa riferimento nel sottotitolo e a cui sono dedicati gli “intermezzi” che rendono più vario il racconto critico. Del resto il nome Bloom non può che evocare il quartiere di Londra, Bloomsbury appunto, dove si intrecciarono i rapporti tra Virginia Woolf e il suo gruppo di amici, così come in un libro che parla di Joyce non si può dimenticare il sodale e mentore Ezra Pound, che tanto si adoperò per la pubblicazione del romanzo. A proposito di Genova, bisogna ricordare inoltre che Pound visse a lungo a Rapallo, che dal capoluogo ligure dista poche decine di chilometri, dove invitò più volte l’autore dell’Ulisse, che però “buongustaio qual era, si limitò a chiedergli ‘copia dei menù dei principali alberghi’”.

Nella Compagnia di scrittori non possono mancare Eliot, la figura di punta di “una generazione disillusa ma animata da un desiderio di cambiamento”, Yeats, Heaney (“è un poeta della vita fisica, della parola dinamica”), Henry James (“uno scrittore senza vuoti, animato si direbbe dall’horror vacui”), Hemingway (“un grande scrittore” che tuttavia” appartiene a quella categoria di autori popolari che i colti tendono a guardare con sospetto”), dei quali sono descritte vicende biografiche e gesta letterarie. E poi ancora Wordsworth, che, “sollecitato da Coleridge, racconta la sua vita e i suoi momenti molto reali di abbattimento per proporre una riconciliazione attraverso l’attenzione al mondo naturale”, e Louise Glück, Nobel per la Letteratura del 2020 (“Resistenza, sopravvivenza. Glück guarda in faccia le cose, le conosce”).

Molte sono le notizie e le osservazioni critiche che rendono ricco questo libro, e che dimostrano come si possa raccontare la letteratura, anche quella ritenuta più colta e impegnativa, con considerazioni profonde ma non astruse, appassionando e incuriosendo in questo modo il lettore.

Pubblicato su Succedeoggi.it

La foto di copertina è di Giuseppe Grattacaso 

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