Giacomo Trinci, Transiti, Luca Sossella editore
Con la raccolta Transiti, edita da Luca Sossella, Giacomo Trinci prosegue un suo particolare ed eccentrico discorso poetico, iniziatosi nel 1994 con i versi di Cella e proseguito due anni dopo con Voci dal sottosuolo, fino ad arrivare, prima di questo volume, ad Inter nos del 2013. La cantabilità del verso, la composizione armoniosamente melodica, soccorrono e sembrano puntellare uno sfrontato impianto sintattico, una struttura verbale sempre al limite del collasso e della negazione, e insieme sorreggono un denso corpo di ragionamento che, sia pure spesso ridotto a frammento, a evocazione rarefatta e non conclusiva, dà conto di un conflitto con il mondo, conduce a una strenua difesa di valori che il poeta sente non più condivisi e di cui dunque si pone come eroico e ostinato, anche se perdente, difensore. L’obiettivo è, come lo stesso poeta scrive nella breve e significativa prosa di presentazione a inizio raccolta, Lettera all’ignota gioventù, “conservare il fiato dell’anima, la lingua”, a maggior ragione di fronte a un morbo che emblematicamente ci ha tolto il respiro. È questo “il gesto urgentemente politico”. Senza lingua non c’è più pensiero e senza pensierò non c’è umanità e dunque poesia.
Le liriche di questa raccolta, ancora più di quanto avveniva nelle precedenti, si presentano con l’intonazione di un’aria musicale. Le regole della godibilità sonora diventano dunque centrali, vorrebbero prevalere sulle necessità della comunicazione, impongono alle parole una concentrazione sulla fluidità metrica che sembra mettere in secondo piano la significazione, come appunto avviene nel dettato melodrammatico, salvo aprire improvvisi e densi squarci di senso, che danno conto del fragile punto di sutura tra voglia di esserci e distrazione, sul quale si muove la vita del poeta e quella di tutti noi suoi lettori. È il confine labile dove si manifesta l’impossibilità di cogliere la ragione ultima della nostra presenza, l’inevitabile inesattezza del dire: “e via via, senza più contraddirlo, / nel racconto intricato ero affondato; / per anelare al fatto, circuirlo”. Le poesie di Transiti, introdotte ogni volta da puntini sospensivi e parentesi, compongono, romanza dopo cabaletta, un unico poema, frammentato e scheggiato, eppure unitario. Trinci in questo modo ci conduce dentro la frammentazione e la mancanza che sole possono narrare la nostra esperienza quotidiana.
Questa recensione è stata pubblicata nell’edizione 2022 dell’annuario di poesia I limoni, curato da Francesco De Nicola e edito da Gammarò. Faccio parte della redazione dell’annuario, insieme a Domenico Adriano e Valentina Colonna, e naturalmente al coordinatore De Nicola.