Stefano Bortolussi, Esilienze, Stampa 2009, 2023
Rivolgendosi a un tu, che è in effetti un se stesso temporaneamente proiettato a distanza ‒ la propria stessa persona sistemata in un esilio che è insieme luogo della mente e spazio fisico ‒ Stefano Bortolussi in Esilienze costruisce il racconto di un’esistenza che si muove alla ricerca di un punto d’approdo che si sa, e si vuole, sempre sfuggente, continuamente preda delle “acque fredde dell’altrove”. La condizione dell’esilio, a cui il titolo della raccolta richiama, e che è in qualche modo motivata dalla “appartenenza a due mondi ‒ come scrive il poeta nella breve nota d’apertura ‒ l’Italia natale e la California adottiva”, produce un’ambivalenza e una continua ricerca di sé che sono allo stesso modo condanna e grazia, volontà di trovare un meta che giustifichi il viaggio e la necessaria inutilità di ogni partenza. Questo stato esistenziale genera il sentirsi esposto a un’emozione profonda e instabile, prodotta dalla privazione: “ma la cifra dell’esule mentale è la mancanza, / quella fetta di mondo in assenza, / ciò che credi sempre di trovare ma che perdi, / che rimpiangi”.
Il rimpianto di qualcosa che c’è ma che non si riesce compiutamente a fare propria, perché sempre lontana e sempre dentro, è al centro anche della seconda sezione della raccolta, In me le latitudini, il cui titolo è ricavato da un verso di Walt Whitman, quasi a voler dichiarare l’appartenenza a una discendenza culturale e poetica peraltro evidente nei versi. Le liriche sono scandite e precedute dalle precise coordinate geografiche dei luoghi a cui si riferiscono e raccontano, con il verso lungo e narrativo proprio della poesia di Bortolussi, di paesaggi che hanno la concretezza della realtà e l’astrattezza delle immagini oniriche. Se ne ricava la domanda di inclusione in un contesto naturale, spesso rappresentato dall’ambiente marino, che seduce e che respinge, di cui si avverte di essere parte ma con il quale non si riesce più a entrare compiutamente in comunione. Le presenze naturali sembrano essere messaggere di una comunicazione che si riesce a comprendere solo se si rinuncia ai propri rassicuranti punti di riferimento. Così nel poemetto Il moto ondoso del cercare, che si sviluppa come una dichiarazione di poetica, il poeta chiarisce il senso della ricerca: “la parola stessa / che sembrava chiamarmi, immersione, / aveva in sé qualcosa di quello che cercavo, / il segnale di un abbandono di piattaforme fisse, / di lingue stabili di terra, di superfici solide, / di un ingresso nell’aggraziata trasparenza / di un mondo di gesti lenti e necessari, colpi di pinna, / bolle d’aria ‒ e di silenzio”.
Pubblicato sull’annuario di poesia I limoni 2023
La foto di copertina è di Giuseppe Grattacaso