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Pluton Portraits

1.
Ha rughe incise al fondo di pianure
e lungo gli occhi, segno di saggezza
o di stanchezza per l’eterno giro
lontano da ogni centro. In primo piano
la cute secca per invecchiamento
e per fatica, dio di rapimenti
e di trasalimenti, grigio nume
sorvegliante di sé, ergastolano
e carceriere, mostri la tua fronte
segnata dalle macchie sulla pelle,
la coltre d’elefante, un vasto canyon
tra muscolo e montagna arrugginito,
la regale pupilla, sguardo assente
sul gelido respiro dei crateri.

2.
Il grande cuore del dio dell’oltretomba,
il nano un tempo ultimo pianeta
del sistema solare, ora gran pietra
ma levigata, una boccia astrale,
sovrano invisibile di un regno
di sudditi defunti, resta in posa.
L’Averno è galleggiante in zona ghiaccia
e di confine, sfera titubante
di cui rimane traccia nelle foto
spedite dentro il vuoto dalla sonda
New Horizons, di stelle paparazzo
e di divi, in trasferta ultramondana
tra i set delle galassie e le appannate
luci di incerto appeal del sottosuolo.
Vortica Ade, mentre già distante
il fotografo seguita nel volo.

 

Il 19 gennaio 2006 dalla base di Cape Canaveral partì la sonda spaziale New Horizons, con l’obiettivo di studiare Plutone e il suo satellite Caronte. La sonda il 14 luglio del 2015 cominciò a sorvolare quello che veniva un tempo considerato il nono pianeta del sistema solare, il più lontano dalla stella intorno a cui ruota, ed ora è declassato tra i ranghi dei pianeti nani. Ne parlo nei versi di Pluton Portraits, pubblicati ne Il mondo che farà (Elliot, 2019). Plutone è naturalmente anche il dio dell’Averno.

La foto di copertina è stata scattata dalla sonda New Horizons.

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