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Leggere a scuola. Tempo perso

E’ sicuramente una proposta apprezzabile. Peccato sia passata del tutto inosservata, innanzitutto proprio nel luogo che avrebbe dovuto ospitarla. Il Ministero dell’Istruzione ha promosso l’iniziativa Libriamoci, da svolgersi nei giorni dal 29 al 31 ottobre. “Tre giorni di letture ad alta voce, in classe, per riscoprire grandi classici o portare in aula volumi freschi di stampa”, si legge nel comunicato del Miur; “sarà un grande momento per ridare valore e centralità alla lettura in un Paese dove i dati segnalano, purtroppo, scarso amore per i libri”. libri lettura
Non ho notizia di una grande partecipazione all’evento. Forse perché nella nostra scuola malata di burocrazia, i dirigenti scolastici hanno mancato di informare i docenti. Forse perché nel nostro Paese, dove si legge poco, leggono poco anche i docenti. Certamente per l’idea, particolarmente diffusa tra gli insegnanti e sicuramente deleteria se si intende promuovere l’amore per la lettura, che tutto ciò che non è misurabile in termini di acquisizione di competenze, attraverso verifiche e prove di vario genere, finisca per apparire fine a se stesso, dunque inutile. Dunque una perdita di tempo.
Torno su un concetto già espresso in un altro intervento in questo blog (http://giuseppegrattacaso.it/?p=657) . Nella scuola dell’efficienza burocratica ogni momento didattico deve trovare una sua precisa collocazione, bisogna che sia parte di un programma già definito, e che come tale possa essere misurato e valutato. Senza voti non sembra esserci più scuola: l’ora di lezione naufraga nel mare, peraltro per nulla tempestoso, di schede, saggi brevi e questionari. Perché perdere dieci minuti di lezione per leggere due pagine di un libro? A che serve, se non posso ricavarne niente altro che il piacere della lettura e dello stare insieme in un rito antico che ancora affascina?
Se a scuola si legge, è ancora il pensiero di tanti docenti, bisogna dimostrare di averlo fatto. Dunque schede ed esercizi, a conclusione di ogni tappa del percorso (di solito un romanzo al mese, più i brani antologici) solitamente individuale e silenzioso. Nessuna lettura ad alta voce, che in fondo è una perdita di tempo. Il risultato: leggere è considerata un’imposizione che va accuratamente evitata. Le schede e gli esercizi si compilano grazie a una veloce ricerca sul web.
Per invitare i giovani e leggere è necessario l’entusiasmo di un lettore, una voce appassionata che li guidi, ma senza tanti commenti e senza altre parole, a condividere il fascino di un altro mondo, quello che ogni buon libro sa spalancare dinanzi ai nostri occhi. Insomma bisogna saper perdere tempo. Ritagliare un po’ di spazio vuoto, non quantificabile, non previsto nella programmazione. Del resto nella nostra epoca dove ogni minuto deve essere utile a produrre qualcosa, la lettura appare come tempo perso. Non è un caso che chi non legge o legge poco si giustifica quasi sempre con l’affermazione “non mi rimane tempo per leggere”.
La scuola dunque deve riappropriarsi del diritto al Tempo Perso se vuole davvero riportare i giovani alla lettura. Ma non solo dal 29 al 31 ottobre. Ogni giorno dedicare alla lettura e alla riflessione un po’ di Tempo Perso, per scoprire nuovi mondi, per capire come è fatto quello in cui viviamo ogni giorno, attraverso le parole di poeti, narratori, filosofi, scienziati.

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