A condurre il lettore all’interno della nuova raccolta di versi di Roberto Maggiani, La bellezza non si somma, è posta una citazione da Aldous Huxley che fornisce un’utile indicazione di lettura e finisce per rappresentare una sorta di dichiarazione di poetica dell’autore: “L’occhio contemplativo può posarsi su qualsiasi oggetto e vedere in esso, come da una finestra, tutto il cosmo…”.
In questo caso l’occhio contemplativo di Roberto Maggiani si posa su paesaggi in prevalenza marini, in particolare quelli oceanici dell’amato Portogallo, e sulle azioni degli uomini, con la serenità di chi riconosce agli spazi e alle presenze che li animano una loro intima saggezza. Il mondo che viene rappresentato in queste poesie è spesso circoscritto, un brandello di spiaggia, uno spicchio di mare, un movimento di ombre che “si tuffano / nelle acque atlantiche” o di “onde srotolate come tappeti”; un mondo nel quale si muovono poche nitide figure e dove nulla avviene per caso, ma nello stesso tempo nessuna azione è veramente spiegabile. Il poeta ci permette di guardare gli elementi naturali e gli esseri viventi che ci circondano con la reazione partecipe e meravigliata di chi scopre in essi, anche nelle più quotidiane delle manifestazioni, impreviste rivelazioni, sorprendenti illuminazioni, ma ci pone di fronte alla consapevolezza che si tratta di attimi destinati a trascorrere velocemente. Siamo dinanzi a presenze ed apparizioni destinate a svanire presto, quello che conta è il segno indelebile che lasciano nella memoria e nei versi.
Il lettore può indovinare il punto di osservazione, sulla riva del mare o nel mezzo di una pista da ballo, tra le navate di una cattedrale o con lo sguardo perso verso il cielo stellato, da cui il poeta, che tutto scruta e annota, sorride, a tratti compiaciuto a volte ironico, su se stesso e sul mondo.
Da questa postazione, che poi per intenderci è ancora quella di chi sente di far parte della “razza di chi rimane a terra”, ma che ha intanto scoperto che il miracolo sta proprio nell’atto della contemplazione, è possibile appunto imbattersi in inaspettate corrispondenze tra oggetti uomini e animali, svelare che il piccolo e il grande, gli oggetti e i viventi, la natura ed il cosmo, sono in relazione tra loro, si parlano e si consultano. In questo modo anche l’atto più banale può nascondere somiglianze e consonanze che aprono a inattese verità: “La signora ha occhiali neri e labbra vistose / ripassate con un rossetto rosa aranciato. Sorride. / Indossa un costume nero tutto d’un pezzo. / Si sparge la crema solare sul corpo bianco – / esegue gli stessi movimenti rapidi / di una mosca quando pulisce le ali e la testa”.
Lo sguardo può riconoscere tra le figure umane una creatura che somiglia a un dio “forgiato dai quattro elementi / raccolti sull’isola” o semplicemente individuare una coppia di slavi (“Si riconoscono dall’incarnato pallido / dalla robustezza dei corpi / e da come lei lo impomata sulle spalle e sulla schiena / mentre lui – in piedi – è affaccendato in altro”) che sono sulla spiaggia già alle sette del mattino, con l’uomo “che si siede su un trono improvvisato – / mangia osservando il suo dominio marino”.
Maggiani comunque sa che il suo sguardo, ogni volta che intercetta la bellezza del mondo (che non si somma, come appunto suggerisce il titolo, è ogni volta minima e particolare), sfiora nello stesso tempo l’abisso che ci circonda. Con una lingua piana e sempre controllata, una sorta di parlato, pacato e lievemente ritmico, ci pone proprio sull’orlo del precipizio, a guardare il vuoto. Per esempio nella poesia La paura:
E’ un qualunque mattino di serenità:
il sole alto sull’orizzonte marino
la nuvola bianchissima nell’azzurro subtropicale
la palma ondeggiante lungomare
il frastuono dell’onda sulle pietre
Minuti sospesi
sul baratro dell’inesistenza –
ma noi di questo non ci preoccupiamo.
Nell’Universo dal vuoto metastabile
(potrebbe disintegrarsi da un momento all’altro)
qualcuno si spaventa per una sirena
un incendio improvviso nel bosco
un forte vento.
La paura
è solo un momento in cui vediamo
riflessa nel mondo
la precarietà
della rete che ci sostiene.