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Il mondo incompiuto e la poesia

Il mondo che ci rappresentiamo non è più un luogo realizzato, il giardino fiorito e delimitato, la sintesi esatta di un racconto coerente. A differenza di quanto avveniva per le donne e gli uomini delle epoche passate, ci troviamo davanti a un’opera che ci appare incompiuta, l’azione esitante che non si spiega e non si conclude. Abbiamo acquisito informazioni prima inimmaginabili, catalogato dati sicuri intorno a ciò che da sempre ci è sembrato necessario sapere, il nostro sguardo si è allungato fino alle stelle, alle più remote galassie, è penetrato tra i movimenti elementari e caotici delle minute particelle, sappiamo molto dei corpi e della rarefatta presenza delle masse gassose, dei venti, delle nuvole, ma la conoscenza, insieme alla nostra capacità di capire, ha mostrato nuove lacune, ha aperto crepe su antiche e moderne pareti, ha reso più grande l’universo e dunque più numerose le domande che in esso sono racchiuse.

Ora sappiamo che non siamo in grado di dire, né di farci suggerire, una parola che possa davvero spiegare tutto e comprendiamo finalmente che la nostra grandezza, che ha la stessa figura e l’analoga andatura della nostra fragilità, risiede nella dote e nella necessità di cercare comunque la risposta risolutiva, pur sapendo che forse non riusciremo mai a possederla. Su questo pianeta solo noi esseri umani siamo alla ricerca, per quel che ne sappiamo, del nesso che renda chiaro il rapporto tra le cose, nel tentativo di indicare il punto dove l’intelligenza della vita possa offrire un’immagine nitida di se stessa e rivelare il senso della sua presenza, la direzione del procedere.

La maggiore conoscenza ci costringe a vivere all’interno di un campo delimitato da siepi di confine che continuamente si spostano o lasciano varchi aperti, perdono rami e foglie, facendo intravedere panorami sbiaditi e indecifrabili, in qualche modo affascinanti, per il momento irraggiungibili.

Per questo la poesia, che da sempre si è data il compito di dire come è fatto il mondo, qual è il senso della nostra esistenza, del nostro legame con tutto quello che è intorno a noi, ciò che è immediatamente vicino e lo straordinariamente vago e distante, non può che consistere in un luogo aperto, invitante e in parte inospitale: il luogo dove si susseguono aiuole ricche di colori, zone d’ombra e deserti bianchi che dovranno essere riempiti di senso e di presenze. La poesia, a partire dall’inizio del secolo scorso, non ha più certezze da dichiarare, può solo vivere di intuizioni e di panorami sbiaditi, della rappresentazione di frammenti di immagini che delineino i paesaggi incerti che ora riusciamo solo a scorgere di lontano.

La poesia perciò esprime dubbi, è precaria, parla degli enigmi che si posano sulle cose reali.

Immagine di copertina: scultura di Marino Marini                    ph Giuseppe Grattacaso

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