Ancora due poesie da Aprile, i testi scritti nell’aprile di lockdown. Penso che siano poesie distinte, ma evidentemente collegate tra loro e per questo le propongo insieme.
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Forse provare da oggi a congelare
un’ora insieme all’altra, la verdura
già fatta a pezzi, un brano che a memoria
scavalla il secolo, il gesto che non dura
ripetuto da sempre, è quanto basta
(quel poco di ragù) per augurare
non sia miraggio la fine dell’assedio,
il surgelato presidio senza tempo
è resistenza per raffreddamento.
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Oppure continuare a accumulare
per chissà quando, mettere da parte
in freddo avvisi, avanzi, sottrazioni,
congelare gli affetti, è poco sano
effetto di demenza, opposizione
da senescente ardore, rimandare
ad epoca futura è solo errore
o peggio l’espediente che dichiara
un ibernato atto di rinuncia.
(inedito)