Pin è un ragazzino, che vive in una zona di confine tra l’infanzia e il mondo degli adulti. E’ ancora attratto dalle fiabe, anzi crede che le “storie di uomini e donne nei letti e di uomini ammazzati o messi in prigione”, le storie insomma che ha sentito raccontare dagli adulti in un periodo così intriso di realtà, e insieme così ricco di fascino avventuroso, qual è quello in cui vive, siano in effetti “specie di fiabe che i grandi si raccontano tra loro”.
Il brano scelto per l’analisi del testo della prova di italiano dell’esame di Stato 2015 è ricco di suggestioni e riesce a parlare direttamente al mondo degli adolescenti, che dovrebbero in parte riconoscersi nella “nebbia di solitudine” che si condensa nel petto del protagonista de Il sentiero dei nidi di ragno, nella sua voglia di sentirsi grande e nella paura ad un tempo di affrontare il mondo degli adulti che è pur sempre respingente.
“I ragazzi non vogliono bene a Pin”, perché Pin “è l’amico dei grandi”, a cui “sa dire cose che li fanno ridere e arrabbiare”. Pin potrebbe rifugiarsi dunque tra gli adulti, ma questi “pure gli voltano la schiena”, sono anche loro “incomprensibili e distanti per lui come per gli altri ragazzi”.
E’ questa in fondo l’adolescenza, la terra di mezzo in cui è possibile sentirsi soli anche in compagnia di tanta gente, in quanto si comunica attraverso una lingua che non può essere più compresa dai bambini, perché non è più quella dell’infanzia che fa a meno della realtà o la distorce profondamente, ma che non riesce nemmeno a parlare ai grandi, perché questi non sono più disposti a credere che le parole generino la realtà e non viceversa.
Ma c’è di più. Pin, che ancora crede che i racconti degli adulti per descrivere la realtà siano “specie di fiabe”, è come lo scrittore Calvino (ma in fin dei conti è forse come ogni scrittore) che per raccontare le vicende della Resistenza deve in qualche modo sospenderle in un alone fantastico e fiabesco. Per narrare la realtà insomma bisogna essere un po’ adolescenti, avvertire il peso degli avvenimenti che quotidianamente ci aggrediscono, partecipare al gioco di vita e di morte che segna le giornate, ma anche, come vorrebbe fare Pin una volta entrato “nell’osteria fumosa e viola”, luogo deputato al raduno degli uomini adulti, dire “cose oscene, improperi mai uditi”, cioè parlare la lingua dei grandi, ma anche cantare “canzoni commoventi, struggendosi fino a piangere e a farli piangere” e inventare “scherzi e smorfie così nuove da ubriacarsi di risate”.
Insomma Pin vuole tentare di essere adulto senza cessare di comportarsi come un bambino. L’ultimo passaggio del brano scelto per l’esame di Stato è anche un’anticipazione di quella che sarà la narrativa di Calvino. E in fondo è una descrizione di quello che è la letteratura: cose oscene, canzoni, scherzi e smorfie.