Leonardo Sinisgalli è presenza fondamentale della cultura del secolo scorso, figura che andrebbe maggiormente approfondita, anche per il particolarissimo contributo che ha garantito alla letteratura del Novecento. Offrono un prezioso aiuto a inquadrare l’opera del poeta lucano i due volumi recentemente pubblicati e raccolti sotto il titolo Il guscio della chiocciola, curati da Sebastiano Martelli e Franco Vitelli, di cui parla Giuseppe Lupo in un appassionato articolo comparso ieri sulla Domenica da collezione, inserto del Sole 24 ore.
La ricerca di Sinisgalli, scrive Lupo, si posiziona “nel punto di massimo raccordo fra tradizione umanistica, Età dei Lumi e politecnicismo novecentesco”. La lingua di Sinisgalli è sempre alla ricerca dell’essenziale, impegnata nella definizione esatta, scientifica, del particolare, anche quando questo potrebbe sembrare del tutto irrilevante. Scambiato per ermetico, a mio avviso a torto, il linguaggio “si perde dietro al volo di una mosca o alla spirale di una lumaca”. In esso “la luminosa severità algebrica convive con i chiaroscuri di una modernità barocca”. Insomma il terreno fertile della poesia di Sinisgalli è “crocevia di codici e saperi”, luogo dell’intreccio e del dialogo tra poesia e matematica, avvertite entrambe come estremo desiderio di chiarezza e insieme metafora dell’universo.
Poeta e ingegnere, pensatore finissimo di rarefatta agilità e responsabile della comunicazione pubblicitaria per le più grandi aziende italiane, a suo agio nei brulli paesaggi rurali della Lucania così come all’interno degli uffici della Olivetti e della Pirelli e nelle strade ricche di storia e di architettura della Roma barocca, presenza forte senza essere invadente nelle “botteghe lucane dei fabbri e dei falegnami” e nelle principali gallerie d’arte, nelle redazioni di Domus e Casabella, di Civiltà delle Macchine, ma anche tra le scrivanie delle riviste di letteratura, Sinisgalli ha indicato una strada che andrebbe ancora di più esplorata in questa nostra epoca, così inquieta e così frammentata, così veloce nell’arricchimento tecnologico e povera e lenta nel fare interagire la tecnologia con il nostro patrimonio umanistico.
La materia di cui parla il poeta è costruita sul terreno dove crescono, alimentandosi a vicenda e a vicenda negandosi, la presunta concretezza della scienza e l’altrettanto ipotizzata immaterialità della poesia. Dall’incontro nasce una nuova fisica, un nuovo modo di catalogare il mondo. Così scrive Sinisgalli nella breve riflessione VERTEBRATI, INVERTEBRATI, contenuta in Horror Vacui: Sono vertebrati gli alberi, le foglie, i piedi, i cristalli, i muri, ecc. Sono invertebrati l’acqua, il fumo, le nuvole, la cenere, la polvere. E’ la polvere che suggerisce l’idea di una forma assolutamente priva di sostegni”.
Tutta l’opera di Leonardo Sinisgalli si muove alla ricerca di una verità indefinibile e proprio per questo ancora più necessaria. Per raggiungerla non esiste nessun percorso percorribile, per immaginarla servono la precisione delle forme geometriche e le scansioni metriche proprie del linguaggio della poesia. In LA FORMA DELLA VERITÀ, ancora in Horror vacui, è detto: “La forma della verità non è l’uovo, e neppure un triangolo, neppure una foglia. Ma l’uovo, il triangolo, la foglia sono forme della verità. La sostanza della verità è unica: forse è la nostra necessità di esistere, la necessità di esistere di ogni cosa. Noi esistiamo in tutte le cose”.