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Grillo, la politica e la poesia

Sulla Repubblicadi oggi, a proposito delle “belinate sulla mafia” (peraltro estremamente pericolose) che gli sono “scappate di bocca”, Michele Serra ci ricorda che Grillo è un comico e dunque parla da comico, cioè lavora sulla sintesi e procede per semplificazioni. “Se un intellettuale o un politico osasse liquidare un argomento tremendo come la mafia in quattro battute – conclude Serra -, verrebbe considerato un cialtrone”.
A parte che Grillo, anche se è un comico, nel momento in cui parla da politico e liquida argomenti seri con qualche scaltro motto di spirito, è anch’egli senza ombra di dubbio un cialtrone, la questione interessante mi sembra un’altra. Oggi i politici (e gli intellettuali, quando ci sono e non cercano di assomigliare ai politici) adottano anch’essi un linguaggio che tende alla semplificazione, che finisce per affrontare le problematiche anche più complesse attraverso l’enunciazione di slogan. Oppure, al contrario, girano intorno agli argomenti con inconcludente e logorroica supponenza. Politici (e intellettuali?), in un caso e nell’altro, finiscono per essere riduttivi e per non fornire risposte che non siano confuse e avviluppate su loro stesse e sulle domande che le hanno generate.
Anche la poesia, come la comicità, tende alla sintesi e alla semplificazione, anzi saltare i passaggi logici e procedere per accostamenti spiazzanti, per repentine e impreviste aperture di significato è proprio uno dei caratteri dominanti del linguaggio della poesia. Ma in poesia essere semplici non coincide con un procedimento restrittivo e limitante, non vuol dire evitare il confronto con la realtà, ma anzi in questo modo la lingua della poesia non evita i significati più complessi ma li amplifica e procede spedita verso il centro stesso del problema.
Scrive Giovanni Giudici in Andare in Cina a piedi: “La lingua è un luogo di verità: non sopporta troppo a lungo la menzogna, la chiacchiera; e anche l’orecchio meno sensibile avverte prima o poi lo sgradevole suono della moneta falsa”. Va da sé che la poesia sa come spesso non esistano risposte ma solo domande; dunque la lingua è un luogo di verità solo perché non tollera concessioni, consolazioni, facili riduzioni.
Conclusione: se vogliamo finalmente affrancarci da tutte le chiacchiere, le ciance inutili e le falsità che caratterizzano il nostro tempo, dobbiamo leggere più poesie e fare così che i giovani sentano la lingua non come l’espediente per raggiungere il successo, ma come lo strumento per evitare la menzogna.

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