Circola da qualche giorno nelle scuole superiori italiane un documento che denuncia una singolare omissione nei programmi relativi allo studio della letteratura italiana del Novecento. Le indicazioni ministeriali infatti, contenute in un Regolamento che risale al maggio del 2010, dimenticano di citare anche uno solo degli autori meridionali attivi nel secolo scorso.
Per quanto riguarda la poesia, gli “obiettivi specifici di apprendimento” per l’ultimo anno dei licei fanno riferimento alle “esperienze decisive di Ungaretti, Saba e Montale” per poi suggerire “un’adeguata conoscenza di testi scelti tra quelli di autori della lirica coeva e successiva”, citando quali esempi Rebora, Campana, Luzi, Sereni, Caproni, Zanzotto. Alcune dimenticanze appaiono a dir poco sconcertanti e poco giustificabili anche nell’ottica di una crociata antimeridionalista. E’ vero che dopo il nome di Zanzotto, a voler essere precisi, gli estensori del documento si rifugiano nei puntini sospensivi, che aprono a qualche ulteriore non specificata presenza, ma sembra davvero poco e allora tanto valeva che le Indicazioninon fornissero alcuna indicazione.
Nell’esiguo elenco in effetti non si è trovato posto nemmeno per il torinese Gozzano e per il ligure Sbarbaro. Sono ignorati comunque Cardarelli (Viterbo), Quasimodo (Modica, provincia di Ragusa), Gatto (Salerno), Sinisgalli (Montemurro, Potenza), Scotellaro (Tricarico, Matera) e addirittura anche Sandro Penna, che era nato a Perugia e visse lungamente a Roma, e che molti critici e lettori di poesia considerano tra le espressioni più significative del Novecento.
Le dimenticanze ovviamente non riguardano solo la poesia, ma estendono la loro ombra anche sulla narrativa, dove a reggere il vessillo della meridionalità è Elsa Morante (romana!), che è anche la sola donna presente nell’elenco, con buona pace della forte compagine siciliana, così come di scrittrici del calibro di Lalla Romano (Demonte, Cuneo), Anna Maria Ortese (Roma), Natalia Ginzburg (Palermo), Fausta Cialente (Cagliari), e a questo punto sarebbero d’obbligo utilizzare i rassicuranti e rincuoranti puntini sospensivi.
E’ possibile spiegare queste omissioni solo con un atto di deliberata disattenzione nei confronti della letteratura del Sud? Del resto dare eccessiva importanza a una presunta identità territoriale non contribuisce certamente all’arricchimento della conoscenza della cultura del nostro paese, anche se è vero che la componente regionalistica della letteratura italiana ha prodotto, fin dagli esordi, esiti piuttosto importanti. Credo però che le omissioni che caratterizzano il testo delle Indicazioni nazionali lascino trasparire qualcosa d’altro. Sono la spia della superficiale trascuratezza dei nostri tempi, che si riversa su tanti aspetti del vivere quotidiano e che, a maggior ragione, colpisce letteratura e cultura in generale. In un elenco ad uso di insegnanti e studenti basta allora inserire qualche nominativo, perché così va fatto e purché tra quei nomi ci sia questo o quel poeta di cui si è sentito parlare ultimamente, di cui è utile che i giovani abbiano qualche (distratta) informazione. In una società infatti dove il disinteresse e l’incuria nei confronti del patrimonio culturale sono all’ordine del giorno, le omissioni possono diventare pane quotidiano.